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La copertina del libro |
Vi voglio raccontare un viaggio attraverso il mondo straordinario dei segni, un mondo fatto di colori, di oggetti, di animali, ma soprattutto di persone dal cuore grande; un luogo dove riscoprire l’amicizia, il calore umano, l’amore. Sono queste le premesse del libro di Giancarlo Cardone, Giorgia e il Mondo dei Suoni Meravigliosi; un libro che nasce dalla stessa esperienza di Giancarlo nel mondo della disabilità e della sordità.
Giorgia è una bambina conosciuta proprio in una scuola dove il nostro Autore ha lavorato come assistente alla comunicazione. La prerogativa di Giorgia è quella di essere sempre felice, mentre gli altri sono tristi e arrabbiati. Una sera Giorgia, prima di andare a letto, esprime un desiderio a un folletto, giunto da lei per aiutarla: «Vorrei che tutti fossero come me». Giorgia intendeva felice come lei, ma il folletto, un po’ pasticcione, capisce tutt’altro; quindi tutti diventano sordi e Giorgia è costretta ad intraprendere un viaggio alla ricerca del Mondo dei Suoni Meravigliosi; un viaggio pieno di avventure, durante il quale incontrerà tanti piccoli amici; insieme cercheranno di riportare i suoni nel loro mondo.
Una fiaba, quindi, che ci permette di conoscere e comprendere da vicino il mondo della sordità; il mondo dei “sordi”, ovvero di coloro che, in qualche modo, sono in grado di comunicare e comprendere alla pari, se non di più, dei cosiddetti “normali”.
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Giancarlo Cardone |
«La mia esperienza nasce – afferma Giancarlo Cardone – dal vedere dei sordi che utilizzavano la lingua dei segni per comunicare. Questa cosa mi ha affascinato e quindi mi sono iscritto a una scuola di specializzazione e dopo quattro anni ho avuto la possibilità di lavorare nelle scuole». Giancarlo ci racconta che ancora oggi rimane piacevolmente sconvolto nel verificare quanto le persone che hanno difficoltà oggettive a comunicare per la loro disabilità, attraverso questa lingua, siano in grado di trasmettere le loro emozioni, il loro carattere, il proprio modo di essere.
Giancarlo è emozionato nel rispondere alle mie domande. Lo incontro in uno dei parchi più belli di Roma, Villa Borghese; ma non è da solo, è con Fabio, un ragazzo che sta seguendo a scuola e anche dopo. Stanno comunicando con la lingua dei segni: Giancarlo gli chiede se a lui piace il parco, lo avverte che deve aspettare un po’ di minuti perché dovrà rispondere alle mie domande, poi, forse, prenderanno insieme un gelato prima di rientrare a casa. E Fabio gli risponde, sempre attraverso la lingua dei segni; gli chiede chi sono, cosa faccio lì; poi più tardi si rivolgerà a me, sempre nella sua lingua. A farci da interprete sarà sempre Giancarlo.
Tra i due c’è intesa e complicità, prima ancora che amicizia e stima reciproca.
Giancarlo spiega come non sia facile il percorso di comunicazione. Una volta compreso la lingua dei segni, inizia il compito più arduo, ovvero utilizzarla in maniera pratica.
«La mia esperienza più emozionante – racconta – è stata con Giorgia: all’epoca lei frequentava la scuola materna. Io ero inesperto e lei era una bambina piccolissima. Mi ricordo la difficoltà iniziale ad instaurare un rapporto con lei. Dopo essere entrati in sintonia, abbiamo cominciato a comunicare».
Senza la fiducia questo lavoro diventa difficile e la comunicabilità e il rapporto varia da soggetto a soggetto.
Una fiaba dedicata ai bambini, ma anche ai più grandi, i quali, spesso, non sono capaci di ascoltare il mondo dei suoni di chi li circonda; non sanno apprezzare il suono del silenzioe quei sentimenti che bambini, ragazzi, come Giorgia, Fabio (che ho avuto modo di conoscere) e molti altri ancora, grazie alla lingua dei segni, riescono a trasmettere profondamente.